Estasia. A Reggio Emilia torna il cinema d’oriente

dal 10 al 17 giugno un'eccellente selezione di titoli

10 giugno 2019

Scoprire qualcosa di più dell’oriente attraverso il cinema che lo racconta, coinvolgendo le comunità straniere che abitano in regione, perché guardare agli altri non sia solo accettazione (o rifiuto) ideologico ed esotismo ottuso, ma incontro e conoscenza, cooperazione, frequentazione comune degli spazi dedicati all’immaginazione e alla costruzione ideale del futuro. È l’ambizioso obiettivo di EstAsia, festival cinematografico di Reggio Emilia dedicato alla cultura asiatica e alla multiculturalità che sempre di più segnano e arricchiscono il presente del nostro occidente ponendo questioni cruciali sul senso e sulle forme della convivenza e dell’inclusione.

Arrivata al quarto anno, la rassegna curata da Cineclub Peyote, Fondazione Palazzo Magnani e Ufficio Cinema del Comune di Reggio Emilia al Cinema Rosebud (con qualche puntata all’Arena Stalloni) si espande coinvolgendo nuovi partner, come l’Istituto Confucio dell’Università di Bologna, l’associazione EquiLibri d’Oriente di Torino e il Liceo Ariosto Spallanzani. Il programma ufficiale parte il 10 giugno e va avanti fino al 17, fondendo film d’autore e popolari, in molti casi in anteprima italiana. Tra questi spiccano i nuovi film di tre registi tra i più interessanti del nuovo cinema asiatico: Shinya Tsukamoto, Lee Chang-dong e Brillante Mendoza, e poi le produzioni provenienti dalla Cina, un paese che sta vivendo una grande fioritura di registi dall’impronta autoriale decisa. Cinesi sono i tre film in proiezione il 16 giugno, durante una giornata dedicata proprio alla Cina, ovvero An Elephant Sitting Still di Hu Bo, opera prima di un regista cinese, morto suicida, che ha stregato tutti al Festival di Berlino, Red Flowers and Green Leaves di Liu Miaomiao e Three Adventures of Brooke di Yuan Ching; ma da non perdere nei giorni precedenti anche Jinpa di Pema Tseden, road-movie del 2018 vincitore del Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, e A first Farewell di Lina Wang, film poetico neorealista sulla fine dell’infanzia, che ha vinto il Premio speciale della giuria-Kplus al Festival internazionale del cinema di Berlino.

Dall’universo giapponese, culla fertile del cinema di innovazione, oltre a Zan-Killing di Tsukamoto, arrivano invece Wasted Eggs di Ryo Kawasaki, un dramma al femminile che racconta i danni delle regole imposte dalla società, Amiko di Yoko Yamanaka, che segue la vicenda di una sedicenne antiborghese e anticonformista, e il minimalista Life Finds a Way di Hirobumi Watanabe.  Le quattro coproduzioni del festival esplorano infine il rapporto tra oriente e occidente, come Namdev BhauIn Search of Silence della regista ucraina Daria Gai, commedia indiana ambientata in Himalaya, Ayka, film russo di un regista kazako sul tema delle condizioni degli immigrati asiatici in Russia, Funan, film di animazione francese di un regista cambogiano sulle stragi compiute dai khmer rossi e Tumbbad, favola nera indiana di coproduzione svedese.

Qualche novità sul fronte dei premi: il Kaiju d’oro, premio realizzato dall’artista Hu-Be, quest’anno sarà assegnato da una giuria composta da Xu Ying, professoressa di comunicazione presso la Renmin University di Pechino e direttrice cinese dell’Istituto Confucio dell’Università di Bologna, dal critico Marco Incerti Zambelli e da Idriss Maknoun, membro del direttivo dell’associazione EquiLibri d’Oriente. A questo si aggiunge il Premio del pubblico e, per il primo anno, un Premio giovani assegnato da una giuria composta da studenti del Liceo Ariosto Spallanzani.